Non si arresta la corsa della Serbia verso l’Unione Europea. Un altro passo rilevante nella scalata all’“Europa dei 27” è stato compiuto con la ratifica dell’Accordo di stabilizzazione e associazione (Asa) fra Ue e Serbia. “Sarà anche uno stimolo per gli altri paesi dell'Unione che ancora non l’hanno approvato” ha dichiarato a caldo il premier serbo, Mirko Cvetkovic subito dopo il “sì ufficiale” del Parlamento di Strasburgo.
Di fatto l’Asa è un accordo strategico estremamente importante poiché prevede l’impegno dal parte del paese “candidato” a rispettare i cosiddetti "criteri di Copenaghen" (adottati dal Consiglio di Copenhagen nel 1993), ovvero: la completa realizzazione di istituzioni stabili che garantiscano democrazia, stato di diritto, diritti umani, e rispetto delle minoranze; l’implementazione di un'economia di mercato funzionante e in grado di fronteggiare la competizione e le forze del mercato all'interno dell'Unione; la capacità di sostenere gli obblighi derivanti dall'adesione all'unione politica, economica e monetaria.
Belgrado mira a diventare paese candidato entro la fine dell'anno, ecco perché dovrà essere pronto ad accettare tali sfide europee: ciò significa risolvere in primis la questione dei criminali di guerra. A tal proposito Bruxelles ha ribadito che non vi sarà "nessuna nuova concessione" prima dell'arresto degli ultimi due super ricercati per crimini di guerra dal Tribunale penale internazionale dell'Aia: l'ex leader serbo croato, Goran Hadzic, e, soprattutto, l'ex generale serbo-bosniaco, Ratko Mladic. “I servizi segreti serbi e l’ufficio del Procuratore per crimini di guerra stanno facendo ogni cosa per trovare i rimanenti indiziati di crimini di guerra, arrestarli e consegnarli alla giustizia” ha rassicurato il Presidente della Repubblica serba Boris Tadic.
Fonte: Il Mediterraneo